Di terrazzi, davanzali e mutande

I terrazzi, in Europa, sono quella piacevole terra di mezzo tra pubblico e privato, concessi solo dai climi generosi del centro e del sud. In Scandinavia l’occhio mediterraneo si sorprende e un po’ dispiace per l’esigua quantità di balconi in quelle case bellissime, ma del resto, conclude scrollandosi di dosso la perplessità, cosa se ne farebbero con quel freddo?

Ci sono tanti tipi di terrazzi e balconi. Quelli piccoli in ferro battuto, quelli in cemento, quello con le piante aromatiche e senza sedie, quelli pieni di piante da fiori e tanti posti a sedere e candele e tende e ottomane comode, quelli completamente vuoti addobbati solo da un paio di fili per stendere i panni che sporgono dalle facciate.

Stendere i panni sui terrazzi, al sud, se non c’è troppa umidità, è, persino a novembre, una cosa capace di sistemare lenzuola matrimoniali nel giro di un paio d’ore massimo. Figurarsi ad aprile.

I panni stesi si dimostrano dei gran pettegoli: senza neanche aver bisogno di sforzarsi, ti fanno vedere molto bene se i tuoi vicini hanno lenzuola bucate, ingiallite, scolorite, macchiate, se portano pigiami di Hello Kitty a cinquant’anni, e svelano in massimo due metri quadri di tessuto la tua pigrizia o le tue ristrettezze facendo vedere se separi i colorati dal resto o fai le lavatrici a caso per risparmiare. Se si ha il privilegio di scegliere cosa stendere su un balcone a vista o in un terrazzo comune e cos’altro in un cortile interno, è ovvio che al cortile vanno le cose peggiori, o migliori a seconda dei punti di vista, quelle che mettono più in imbarazzo gli uni ma rendono più orgogliose le altre.

G. lavava quasi tutta la sua biancheria a mano, uno strazio. Mutande, reggiseni, calze autoreggenti, calze a rete, traforate, di pizzo, spesse calzamaglie invernali, canottiere più o meno presentabili, sottovesti trasparenti, nere, rosa.

(segue qui)

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