Tutti i fulmini

“E se poi invece il fulmine cade su un albero che cade sulla macchina che sta guidando mio padre e lo schiaccia e muore??” “Madonna siete morbose!”

Ed era quello che pensava quell’estate, che erano delle tredicenni morbose figlie di madri apprensive che le mandavano a ripetizioni l’estate della terza media, l’estate che lei si ricordava come di viaggi studio a Londra, baci osceni e la gioia stupida di scoprire che sarebbe capitata in classe con il suo amore platonico – senza dubbio il giorno più bello della sua vita fino a quel momento quello dei sorteggi delle sezioni. Loro invece venivano da lei due volte alla settimana a leggere testi di letteratura, rispondere a delle domande di comprensione del testo e a fare l’analisi grammaticale e logica per essere pronte per la prima superiore (gran sfida) e perché lei poi potesse andare in vacanza a settembre per i cazzi propri con i soldi che le davano. Ed erano morbose e decadenti da morire senza averne l’aspetto e in particolare erano terrorizzate dai fulmini, e quell’estate pioveva sempre.

L’invidia e la simpatia per i loro apparecchi e quei sorrisi senza una ruga le venne solo dopo, quando tra lei e altre tredicenni c’erano quasi vent’anni. Diventò necessaria quando si rese conto dell’adolescenza eccezionalmente felice che aveva avuto, quando si ricordò delle parole all’improvviso cattive e senza ragione del suo migliore amico quando avevano 18 anni e fu in grado di vederci invece una disillusione prematuramente adulta per un tardo adolescente. Non succede mai così come pensi. Mai. Le persone sono cattive e ti fanno del Male, se possono, così, senza motivo, le aveva praticamente detto. Per lei non c’era motivo per nessuno di fare del Male a delle tredicenni, le persone non sono cattive.

“Ascolta, te lo ripeto Chiara, la macchina è il posto più sicuro, fidati” “Posso chiamarli e dirgli di non venirmi a prendermi e viene il padre della Bea a prendermi?” “Come oh?! ma scusa! E se viene mio padre non è uguale e muore lui? Ma oh!?” “Hahahaha quanto sei deficiente Chiara! vuoi che muore il padre della Bea sotto un albero? hahahaha” “oh ma sta zitta te! cosa c’entri? cosa ti frega tanto?! mica è tua mamma che viene, tanto! Lei non viene mai!” “Basta! Tutte e tre! Piove e basta, tuo padre non è stupido e non succede niente e adesso voglio che finite adesso subito queste frasi e basta, insomma!”

Erano sfinenti e probabilmente innamorate anche se, ovvio, non lo dicevano, ridevano e basta tra di loro e guardavano Paso Adelante e glielo raccomandavano. Le risultava difficile essere comprensiva con loro, non riusciva ancora a provare nessuna tenerezza per quei sorrisi di metallo e quelle ciglia lunghissime, ma soprattutto era così pragmatica da non vedere tutta la tristezza nera e cinica neanche tanto nascosta nei loro ricorrenti e cattivi discorsi su morti, fulmini e possibili tragedie cui saremmo andati tutti incontro ma meglio se prima gli altri che noi.

Fu la strega del monte a farle vedere la dolcezza che si può provare per delle ragazzine cui si fa facilmente Male. Lo fece raccontandole di un’altra adolescente, che, per difendersi dalle critiche della propria ambiziosissima madre che non riusciva a assecondare nessuno dei suoi interessi solo perché diversi dai propri forzatamente borghesi, continuava in lacrime a ripetere di voler smettere di andare a scuola perché tanto non era abbastanza intelligente per farlo. Per affrontare con eleganza una melancolia di queste dimensioni bisogna essere Bergman, lei si limitò a pensare con moltissimo affetto a quante schifezze si vomitano addosso a dei ragazzi che non possono difendersi ancora, che sorridono quasi sempre e ci si aspetta troppo spesso sorridano bidimensionali e basta mentre assorbono ogni emozione in silenzio.

 

 

Foto: la pre-adolescenza a posteriori, dicembre 2018.

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